COMPORTAMENTO
La prima cosa da tenere presente quando decidiamo di condividere la nostra vita con un cane è che il connubio tra uomo e cane è basato su un fattore primario
non condiviso con altre specie animali salvo le specie che definiamo domestiche: il cane viene allevato in un gruppo familiare (il nostro) che non è quello della sua specie.
Il cane che vive con noi ha difficoltà paragonabili a quelle di un neonato che venga allevato da un branco di lupi. La nostra disponibilità verso di lui si limita
a fornirgli il cibo, un rifugio, compagnia ed affetto ma raramente ci sforziamo di capire il suo linguaggio, anzi ci aspettiamo che sia lui a comprendere il nostro
ubbidendo a nostre istruzioni impartite nella nostra lingua.
Sarebbe opportuno invece cercare di comprendere il modo di comunicare del cane e dei suoi conspecifici, eviteremmo così le infinite limitazioni che ci poniamo
e che poniamo al nostro cane nei suoi rapporti con gli altri cani.
Da qualche anno a questa parte è diventato di uso comune il ricorso alla figura del comportamentalista (o comportamentista).
Per quanto mi riguarda avrei preferito che questa sorta di psichiatra/psicologo canino restasse relegato alla cultura nord americana, ma mi sono resa conto che la nostra incapacità
di “metterci nei panni” del nostro cane ha reso questa figura professionale in parecchi casi pressoché indispensabile.
Quando penso al cane della mia infanzia, Pepe, mi rendo conto che era il componente della nostra famiglia più equilibrato ed affidabile. Ricordo di come fosse pratica comune
arrivare ai “giardinetti”, sganciare i guinzagli e lasciare che i cani si conoscessero tramite i rituali che i canidi attuano a questo scopo. I proprietari nel frattempo facevano
altrettanto con diverse modalità……
La stessa scena in anni recenti viene invece preceduta da un incrociarsi di domande affannose:
- il suo è maschio o femmina?
- la sua non sarà mica in calore?
- lo tenga al guinzaglio perché il mio non ama i boxer…
Indubbiamente la vita sociale dei nostri cani è cambiata almeno quanto la nostra e certamente non in meglio!
Il guinzaglio (oramai indispensabile) è un aggravante della situazione, qualsiasi cane tenuto al guinzaglio valuta come ridotta la sua possibilità di difendersi o di fuggire in caso di bisogno
e questo finisce con lo stimolare maggiormente la paura e l’aggressività.
Da qui ha in parte origine l’atteggiamento molto diffuso di abbaiare istericamente alla sola vista di un altro cane senza aver nemmeno raggiunto la distanza utile ad iniziare
i naturali primi approcci che fondano le basi della socializzazione canina (annusamenti della regione anale, genitale e del muso, affiancamento all’altro soggetto etc).
I cani sono ottimi lettori dei messaggi corporei in quanto basano proprio su questo il loro rapportarsi, si rendono quindi subito conto del fatto che ci sia della tensione
in noi all’avvicinarsi di un altro cane e reagiscono di conseguenza.
In una situazione ottimale i cani dovrebbero incontrarsi senza costrizioni e senza la presenza dei proprietari che inevitabilmente influenzerà il loro atteggiamento.
Lasciati a loro stessi i cani metterebbero in atto la procedura di incontro con il conseguente riconoscimento da parte di entrambi del rispettivo grado gerarchico. In situazioni del genere
le possibili risse sfocerebbero facilmente in brevi scaramucce sedate in breve dall’atteggiamento di resa adottato da uno dei contendenti.
Questo atteggiamento (decubito dorsale, ventre all’aria, offerta della gola al nemico) ha come risultato la cessazione degli attacchi del cane dominante.
Soggetti allevati irresponsabilmente, tolti alle madri prima dei due mesi di età, non hanno avuto modo di acquisire dalla madre stessa le basi di un comportamento adeguato alla situazione,
la capacità di adottare il comportamento di resa e le nozioni per riconoscere lo stato gerarchico dell’altro cane e a comportarsi di conseguenza.
Qualsiasi allevatore che abbia osservato le madri alle prese con i piccoli ha avuto modo di notare quanto esse usino la punizione fisica nei confronti dei cuccioli più estroversi.
Le mamme intervengono per far cessare un comportamento indesiderato mordendo leggermente i piccoli e afferrandoli per la collottola.
La risposta corretta del cucciolo in questo caso è il riconoscimento dell’autorità materna a cui seguirà l’adozione della posizione di resa a volte unitamente a uggiolii e all’emissione di urina.
La madre in questo caso recede immediatamente dal comportamento correttivo.
Questa prassi se consolidata dall’uso verrà adottata anche in futuro nel caso di incontri con altri cani e sarà un utile deterrente a risse di più difficile soluzione.
Anche nei rapporti umani esistono comportamenti simili che vengono adottati inconsapevolmente. L’atto di porgere la mano al momento della presentazione ad uno sconosciuto è nato
allo scopo di mostrare all’altro di non impugnare un’arma.
Il concetto biblico di “porgere l’altra guancia” ha come base l’atteggiamento di sottomissione atto a far cessare un attacco violento da parte di altri.
Nel mondo attuale la nostra “civiltà” ha fatto sì che i cani non possano più metter in atto i rituali connessi alla socializzazione intraspecifica e, un umano che dopo essere
stato schiaffeggiato “porgesse l’altra guancia” si vedrebbe appioppare una sberla anche su quella!
Dopo questo breve assaggio sul tema del comportamento canino penso sia utile chiedere a chi mi legge di considerare queste righe solo un piccolo spiraglio aperto sul mondo del comportamento
canino e di approfondire l’argomento tramite letture di libri scritti da esperti.
Nella bibliografia troverete parecchi titoli di grande interesse ed utilità.
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